Rientro al lavoro questa mattina, dopo i due giorni di sciopero di venerdì e di ieri, per i 35 dipendenti dell’Opificio Tecnologico di Terranuova, anche se all’orizzonte al momento non sembrano spuntare novità sostanziali che sblocchino l’impasse. Rimane ancora in sospeso infatti il pagamento dello stipendio di luglio, atteso per la metà del mese scorso, promesso dai vertici aziendali per il 31 agosto e poi per i primi di settembre e non saldato, e non giungono notizie di alcun tipo neppure sul fronte del piano industriale richiesto ormai da mesi dai sindacati di categoria, Fiom Cgil e Fim Cisl, e dalle Rsu per impostare il rilancio decisivo dell’attività. In stato di agitazione permanente, gli addetti dello stabilimento, specializzato nella produzione di elettronica di potenza, digitalizzazione per l’industria, stampanti 3D e già attivo nel settore degli inverter per il fotovoltaico, tornano dunque nei reparti in attesa di capire in che modo evolverà la situazione e se entro la fine della settimana si muoverà qualcosa almeno per risanare l’aspetto economico.
«Certo, non risolverebbe tutti i problemi – afferma Gianni Rialti della Fiom – perché siamo vicini alla scadenza del 15 settembre, giorno di paga degli stipendi di agosto, ma sarebbe un primo passo e una boccata d’ossigeno per i lavoratori e le loro famiglie».Restano in stand-by di conseguenza anche eventuali e ulteriori iniziative di mobilitazione che saranno decise dalle organizzazioni sindacali di concerto con l’assemblea degli occupati se non arriveranno certezze. Come si ricorderà la vertenza era salita alla ribalta delle cronache mercoledì 23 agosto quando furono proclamate due ore di astensione dal lavoro con relativa manifestazione davanti ai cancelli della fabbrica. In quell’occasione i sindacalisti e il sindaco della città di Poggio Bracciolini Sergio Chienni ribadirono la loro preoccupazione per il futuro di un’impresa che nell’ultimo periodo ha registrato l’acuirsi di diverse criticità, spiegarono, a cominciare dal calo dei volumi degli ordinativi e dalla mancanza di un progetto per la ripartenza annunciato per la fine del 2022 e mai passato dalle dichiarazioni d’intenti ai fatti. A complicare e rendere a tinte fosche il quadro l’impossibilità per i dipendenti di accedere alla cassa integrazione, di fatto esaurita al pari delle ferie e dei permessi pregressi già smaltiti. Il verbo più coniugato in questa fase di incertezza e comprensibile disorientamento è «attendere», confidando in un segnale che non penalizzi ulteriormente i dipendenti.