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Demetrio Rossini, il vigile del fuoco colpito da Covid: “ho rischiato di morire, non sottovalutate il virus”

“Seguite le norme di sicurezza, non sottovalutate il virus. Io ho rischiato davvero di morire”. E’ questo l’appello lanciato a tutti da Demetrio Rossini, 56 anni, il vigile del fuoco della caserma di Montevarchi che ha lottato e sta tuttora lottando come un leone contro il Covid. E’ finito anche in terapia intensiva. Adesso, per fortuna, sta meglio. Ha lasciato da alcuni giorni la rianimazione e si trova al San Donato nel reparto di malattie infettive. Ma ha vissuto un’autentica odissea, se pensiamo che si trova in ospedale dal 3 novembre. Positivi al virus anche la moglie e il figlio di 21 anni, che, però, non hanno avuto bisogno delle cure ospedaliere.
Un racconto, il suo, che mette i brividi, ma non mancano riferimenti al lavoro straordinario che in questi quaranta giorni hanno fatto i medici e gli infermieri del nosocomio aretino (“mi hanno preso per mano e mi hanno tirato via dal piano della morte”), e una raccomandazione. “Il coronavirus è davvero una brutta bestia e io l’ho sperimentato in prima persona. Fate i bravi. Lo dico anche ai ragazzi. Usate i dispositivi di protezione individuale”. Al pompiere montevarchino, in queste settimane, sono arrivati, attraverso i social, e non solo, centinaia di messaggi di affetto. “Dai Demetrio non mollare”, questo lo slogan, raccolto anche dall’amministrazione comunale e dal sindaco Silvia Chiassai Martini, che il vigile del fuoco e la moglie Patrizia Arrigucci Rossini, montevarchini, hanno voluto ringraziare.
Il suo dramma è iniziato il 27 ottobre, quando, dopo un turno di notte in caserma, è tornato a casa accusando brividi di freddo e febbre a 37,5°. La temperatura non scendeva, anche se era l’unico sintomo, è così è stato chiamato il medico. Dopo una prima cura a base di antibiotici e cortisone che non dava effetti, il 31 ottobre Demetrio si è sottoposto a tampone. Il 3 novembre il responso: positivo. Nel frattempo la temperatura era salita a 39,6°, ed è stato quindi chiamato il 118 che l’ha subito trasportato in ospedale ad Arezzo. 10 giorni in terapia intensiva, intubato e poi in sub-intensiva.
“Di quando ero in coma mi ricordo la musica della radio ed un’ immagine che non scorderò mai: i miei polmoni e la trachea tutta bianca ed il resto del corpo tutto nero – ha detto -. Adesso sono in fase di recupero con polmonite in atto ma in miglioramento, sotto controllo con terapia ad alti flussi. Subito dopo il risveglio – ha aggiunto – ho tenuto il casco h 24 per dodici giorni. Sto facendo terapia riabilitativa perché sono bloccato a letto da più di un mese e mezzo e iniziamo a venirmi le piaghe”. Poi un riferimento al personale sanitario. “Non finirò mai di ringraziare tutti i dottori e gli infermieri. Sono angeli con la mascherina, dal dottor Tacconi alla dottoressa Del Cucina, fino alle infermiere, che coccolano tutti quelli che soffrono, senza distinzione”. Venerdì scorso, per la prima volta da 3 novembre, ha rivisto la moglie. “Il dottor Tacconi me l’ha portata qui in reparto e ho pianto, ero emozionatissimo” Ma Demetrio non dimentica nemmeno il suo compagno di stanza, Roberto di Capolona e i suoi splendidi colleghi di lavoro, facendoci una raccomandazione. “Marco, per favore, scrivi “ W i Pompieri”. E noi lo abbiamo fatto.

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