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Montevarchi: chiude il Centro di Accoglienza Straordinaria “Casa San Marco”, struttura d’eccellenza per l’integrazione dei migranti

Chiuderà i battenti domani il Centro di Accoglienza Straordinaria Casa San Marco di Montevarchi, per quasi cinque anni un percorso virtuoso di integrazione dei migranti. Gestito dalla parrocchia dell’Insigne Collegiata di San Lorenzo ha dovuto fare i conti con la diminuzione dei flussi migratori, i cambiamenti nello smistamento dei richiedenti asilo e la penuria di risorse.
Ad annunciare la fine di un’esperienza che ha permesso a 50 rifugiati di ricostruire la propria vita è il responsabile don Claudio Brandi che ripercorre gli aspetti positivi di un progetto considerato fiore all’occhiello nel suo genere anche dalla Prefettura di Arezzo. “L’ultimo sopralluogo nel dicembre scorso – ricorda il sacerdote – ha evidenziato la situazione di particolare cura, pulizia, corretta manutenzione degli ambienti, con i migranti che durante l’ispezione erano occupati in incombenze domestiche in un clima di disponibilità reciproca”. Tutto a posto anche quando alla porta si sono presentate per gli accertamenti di routine le forze dell’ordine che non hanno mai ravvisato criticità.
Il Cas aveva iniziato la sua opera il 25 luglio del 2015 con l’arrivo dei primi 24 ragazzi provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana ( nella foto) ospitati per 8 mesi nel complesso parrocchiale di San Marco. Nella struttura il gruppo ha potuto recuperare la serenità e, con il supporto di 4 operatori e mediatori culturali, iniziare a studiare l’italiano, requisito essenziale per aspirare a un lavoro. Un anno dopo il trasferimento nell’ex asilo San Lorenzo, in via dei Mille, e l’avvio dei vari progetti di integrazione, dai lavori socialmente utili in collaborazione con il Comune all’incontro con le associazioni sportive e di volontariato cittadine, come la Misericordia formandosi al primo soccorso. Nel 2018, il nuovo trasloco stavolta dovuto alla ristrutturazione dell’ex asilo, in un’abitazione di piazza Vittorio Veneto ed è scattato l’ulteriore step. In molti hanno seguito i corsi serali della scuola dell’obbligo, conseguendo la licenza di terza media, e sono riusciti a trovare un’occupazione con contratti anche a tempo indeterminato.
“In meno di 5 anni – riprende don Claudio – sono passati dal centro decine di ragazzi, alcuni per periodi molto brevi, ma quasi tutti hanno ottenuto il riconoscimento di protezione internazionale o umanitaria”. Al momento rimangono 8 ospiti, un numero esiguo e insufficiente per far fronte alle spese di gestione di un centro pensato per 20 persone. Di qui la decisione sofferta e tuttavia inevitabile di mettere un punto anche se la convenzione scadeva a luglio. Chi è rimasto all’interno del sistema sarà ricollocato nell’altro Cas della città.

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