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Mimmo Lucano, il visionario libertario di Riace e quell’incontro a Cavriglia…

Quella sera a San Cipriano di Cavriglia eravamo tanti, molti di più di quelli che lo spazio potesse ospitare. Sarà stato perché dal giorno dopo tutti saremmo dovuti restare a casa per il confinamento provocato dal Covid, ma ancora di più perché quel piccolo grande uomo aveva un appeal che oramai quelli della politica in gran parte hanno smarrito. Si, con Enrico Fierro, storico giornalista prima de l’Unità e poi del Fatto Quotidiano e del Domani, eravamo sati invitati da quelli del Centro culturale delle Officine Klee a chiacchierare con Mimmo Lucano, il Sindaco di Riace che sarebbe diventato di lì a poco il fuorilegge, condannato ad oltre 13 anni di galera.

Dovevamo riflettere su “umanità e disumanità del nostro tempo”, e cosi, Mimmo, ci raccontò che tutto fu colpa del vento. Il vento che fece arenare quel barcone di curdi sulle spiagge del suo Comune oramai svuotato dall’emigrazione e dove lo spopolamento aveva lasciato il posto solo ai poteri della ’ndrangheta. Coperte, qualcosa da mangiare e qualche sistemazione improvvisata. Iniziò così, quella che probabilmente resta l’esperienza più avanzata di ospitalità e integrazione. Un progetto di accoglienza che vide nei rifugiati non un problema, ma una grandissima opportunità per ripopolare quel luogo. “Non ho fatto il Sindaco per cambiare le lampadine e neppure per coprire le buche delle strade, voglio contribuire a cambiare l’umanità”.

Aprirono dunque laboratori artigianali, biblioteche, asilo multietnico, fattoria didattica, orti, frantoio. Lavoro nelle piccole cooperative locali. Riace rinacque offrendo una possibilità sia ai migranti che ai locali. Un’idea virtuosa a cui guardarono con attenzione personalità, esperti, artisti, che scendevano a visitare il borgo multiculturale. Ma si sa che andare controcorrente è difficile, si rompono le uova oramai accomodate nel paniere e si possono commettere errori (diversamente non avrebbe potuto fare quello che ha fatto). Di lì a poco infatti, Mimmo si trovò inquisito e poi condannato come il peggiore dei delinquenti. Tredici anni e due mesi che significarono anche la chiusura delle attività compresa l’interruzione dell’originale raccolta differenziata dei rifiuti con gli asini ed i carretti costruiti dai Rom. Significarono il ritorno di Riace alla desertificazione sociale.

Si fece mezzanotte, l’Officina Klee doveva chiudere per quel maledetto Covid che ha contribuito a renderne impossibile la riapertura. Uscimmo tutti frettolosamente, ma avremmo ancora voluto restare ad ascoltare. Ora, con la notizia della sua assoluzione (sono rimaste poche cose legate al reato d’ufficio, a cui si appellerà) si apre una nuova stagione per Mimmo. Ieri sera l’ho sentito al telefono felice e combattivo. Una sola amarezza, il vuoto lasciato dall’amico Enrico Fierro, ‘O professore. Ma lui aveva già scritto, come stanno le cose e come continuare a stare vicino al visionario libertario di Riace.

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