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L’altra domenica. Vecchi tifosi del Genoa in terra sangiovannese. Amarcord nel segno del Grifone

Il giornalista ed editore genovese Fabrizio Calzia, autore di pubblicazioni sul calcio della lanterna, mi ha chiesto di portare alla luce testimonianze e ricordi sui vecchi tifosi genoani della nostra terra. Pubblichiamo e anticipiamo volentieri il racconto nel quale molti sangiovannesi ritroveranno personaggi popolari e conosciuti, uniti dalla passione per il club più antico del nostro calcio.
“La vespa color “caffelatte” dello zio Gino era sempre agghindata: la ruota di scorta coperta con la sua fodera, le manopole con i peneri ciondolanti e, soprattutto, il segno della sua grande fede calcistica, un enorme grifone piazzato in bella mostra sul davanti…
Nel Valdarno, terra di confine fra le provincie di Arezzo, Firenze e Siena e nella mia San Giovanni non era un tempo raro imbattersi in tifosi “genoani”: ieri come ai giorni nostri le squadre vincenti catturavano le simpatie dei ragazzi e tra i nati del primo ventennio del “secolo breve” molti avevano scelto proprio la formazione rossoblù.
C’era…il professore di matematica della scuola media Wilson Crusconi, sempre con il distintivo alla giacca persino nelle ore dell’insegnamento…
C’era Mario Bindi, allenatore di molte squadre della zona, in primis la Terranuovese delle origini. Amava usare i termini anglofoni di quel gioco sempre più popolare come football, tackle, penalty e via discorrendo. Per il suo ultimo viaggio volle con sé la sciarpa del Genoa e la cravatta con lo stemma ed i colori sociali. C’era Savary Pagliai, operaio dell’Italsider ed attore improvvisato per un cortometraggio…Il buon Savary si addormentava sull’erba (poca) del vecchio “Galli” e il sogno lo portava a dirigere allo stadio di Firenze nientemeno che la Fiorentina.
Ed eccolo appunto sgambettare con tanto di tuta viola accanto ad Hamrin, Albertosi, Castelletti ed a tutti i calciatori di quei primi anni 60 disponibilissimi a recitare la parte. ….Titolo del film …”I sogni del campetto”. Ma anche lui….genoano fino al midollo e sempre in prima fila a raccontare le imprese della squadra pluriscudettata degli anni radiosi.
C’erano poi il nonno paterno di Alessandro Forni noto giornalista locale e.. Spartaco Bronzi, zio del compianto Niki Giustini e che a Genova c’era finito per davvero lavorando come impiegato in un grande magazzino della città. Ed il provino del figlio per i boys rossoblù costituiva per lui un imperituro motivo di grande orgoglio…
C’era poi un altro zio di mio padre che nella “superba” aveva messo su…bottega e cioè un ristorante dalle parti di “Principe” nel quale non era difficile trovare in quei primi anni 70 il grande Arturo “Sandokan” Silvestri, il tecnico della rinascita e della doppia promozione dalla serie C alla massima serie nazionale.
E poi…lui…l’uomo del vespa club con tanto di tuta bianca e di stemma Piaggio in bella mostra, al secolo Gino Pascasi detto anche “gnagno” dagli amici della ferriera e del quartiere popolare del Calambrone. Lui che parlava di De Pra, Stabile, Verdeal, Abbadie e snocciolava le formazioni, e che ai nostri carissimi Rivera e Prati rispondeva con Manera, Derlin e Bordon (magari non era la stessa cosa ma va bene). E poi come epigono della sua fede calcistica, il viaggio in vespa San Giovanni-stadio Marassi, 300 kilometri per andare e altrettanti sulla via del ritorno verso casa. E…senza autostrada, di là da venire: via Pistoiese, Lucca e poi giunto sulla costa una lunga tirata sull’Aurelia attraverso il passo del Bracco circondato da sinistre leggende.
Facendo due più due sono arrivato ad individuare la partita, e cioè un Genoa -Fiorentina di fine campionato 1958-59. Perché raccontava della sfida coi viola e, soprattutto, parlava del difensore Ardico Magnini nelle fila rossoblù (quella fu la sua unica stagione col grifone). La gara non deve essere stata particolarmente emozionante leggendo le cronache dell’epoca (0-0 alquanto noioso), ma l’ impresa a quel tempo dello zio venne sottolineata ed applaudita da tanti concittadini al di là della propria fede calcistica. E se ne parlava in quegli anni 60 della nostra giovinezza fatta (così almeno ci pare) di cose semplici e genuine…”

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