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Manifattura: migrazione di personale qualificato alle grandi griffe. La preoccupazione di Cna

Fuga di addetti dalle piccole e medie imprese della moda ai grandi brand del fashion e scatta l’allarme degli artigiani. E’ Aldo Cappetti, socio di un’azienda di pelletteria di Piandiscò e presidente di Federmoda Cna, a ricordare che la migrazione di manodopera qualificata danneggia chi ha speso tempo e denaro per formare i propri dipendenti.
“Registro episodi allarmanti per imprese del comparto moda come la mia che per resistere sul mercato non possono fare a meno di lavoratori qualificati. Lavoriamo per le grandi griffe che chiedono manifattura di alta qualità a prezzi competitivi; non è facile, ma puntando su progettazione, ricerca e organizzazione del lavoro abbiamo tenuto negli anni più duri della crisi e anzi siamo cresciuti: oggi possiamo contare su 34 dipendenti e su un indotto di oltre 120 unità operative. Un percorso che si costruisce ogni giorno con fatica, passione e dedizione. Le risorse umane sono tra i fattori determinanti del successo ed esserne privati dall’oggi al domani può fare la differenza in termini di competenze, ritmi e carichi di lavoro, capacità e qualità produttiva”.
Il problema si è acutizzato di recente con la ripresa economica che ha spinto molti gruppi del settore a tornare ad investire, riportando la produzione in Italia.
“In carenza di addetti formati- riprende Cappetti – sottraggono al tessuto economico locale le figure più preparate a suon di aumenti contrattuali. Con buona pace di chi ha investito tempo e risorse per formarle in termini di competenze e nel rispetto delle normative che richiedono al titolare di un’impresa tutta una serie di adempimenti. Non occorre spiegare che chi entra in azienda non è affatto pronto al compito che lo aspetta: l’imprenditore impiega mesi a trasmettere le conoscenze specie a chi ha ruoli chiave nel processo produttivo e figure del genere non si sostituiscono certo dalla sera alla mattina”.
Preoccupato e impotente di fronte a episodi che rischiano di trasformarsi in una vera e propria fuga di maestranze, Cappetti tiene a precisare: “Operiamo in uno scenario competitivo in cui le regole le detta il mercato e nessuno vuol tarpare le ali a nessuno. Sono il primo a riconoscere il diritto di ciascuno di scegliere liberamente la propria strada professionale. Mi preoccupano i tempi e i metodi del trasferimento di personale da un’azienda all’altra. E il comportamento indiscriminato di alcune grandi imprese a danno delle piccole. Non esistono regole e nemmeno tutele che consentano a chi subisce perdite di questo tipo di riorganizzarsi nel rispetto del ciclo produttivo; sarebbe importante, anche dal punto di vista etico, visto che non stiamo parlando di un semplice ingranaggio aziendale, bensì di una risorsa che esce con in mano il saper fare acquisito nella catena di valore dell’impresa artigiana”.

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