Cerca
Close this search box.

Riapertura dei ristoranti. Gli umori di 3 ristoratori del Valdarno

Il settore della ristorazione, uno dei più colpiti dalla pandemia, sta iniziando lentamente a ripartire, infatti dal 26 aprile scorso in zona gialla bar e ristoranti hanno riaperto, solo all’esterno e con servizio al tavolo. Anche il Valdarno, con la Toscana nella fascia di rischio più bassa, ha salutato ormai da due settimane la ripresa delle attività di ristorazione.
Per un primo bilancio abbiamo raccolto le impressioni di alcuni operatori della zona: Isabella Bini de “L’Imperfetto” a Figline, Stefano Caponi della “Buca di Ipo” a Montevarchi e Daniele Giunti dei “Vecchi amici” a Terranuova. Il quadro che emerge è comune a tutti, con numerose problematiche riscontrate e pochi aiuti per uscire da una situazione già di per sé pesante.
“Questa ripartenza – commenta Caponi – a mio avviso è stata disastrosa, perché la gente è ancora un po’ titubante, il momento non è per niente facile e sicuramente il meteo non ha aiutato. Il nostro lavoro non è programmabile, anche a causa dell’insicurezza e dell’indecisione a livello globale; abbiamo difficoltà ad organizzarci o anche soltanto a chiamare i dipendenti che devono entrare in servizio”.
Gli orari ed il distanziamento fisico rendono quindi difficile lo svolgimento dell’attività. Nello specifico il ristorante di Montevarchi ha da tempo messo a disposizione dei clienti uno spazio nella strada di fronte anche se, come afferma lo stesso titolare, “al momento può essere riempito con soli 20 coperti”, mentre “L’Imperfetto” a Figline ha posizionato i propri tavoli direttamente sulla piazza adiacente il teatro Garibaldi.
Oltre comunque ai limiti imposti dal distanziamento fisico necessario tra i tavoli, le maggiori criticità sono legate all’obbligo di svolgere l’attività esclusivamente all’aperto e al coprifuoco fissato per le 22.
“La situazione adesso è molto difficile – spiega Isabella Bini -. La sera fuori fa freddo ed essere costretti a lavorare in esterno non è piacevole, inoltre con il coprifuoco non è facile, anche se, come detto, le basse temperature sono il primo problema e infatti molti clienti si sono lamentati per questo e ciò non è gradevole”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Daniele Giunti. “In generale – commenta – il Covid ci ha massacrato per il ristorante e per la nostra attività di catering. Abbiamo perso gran parte del fatturato e addirittura dovremo posticipare a giugno l’apertura del nostro nuovo ristorante del Canto del Maggio alla Penna. Sabato scorso a pranzo abbiamo lavorato, ma la stessa sera a cena non c’erano più di 4 persone”.
Il 1 maggio ha portato tuttavia la clientela al ristorante, soprattutto appunto a pranzo, e i tre intervistati hanno sottolineato di aver percepito la voglia di ritorno alla normalità delle persone che chiedono solo di poter mangiare in tranquillità ai tavoli.
“E’ stata prevista una riapertura non idonea – afferma Isabella Bini – perché c’è poco tempo per stare a tavola, i clienti non consumano in comodità. Potevamo restare ancora chiusi vista la situazione. In sicurezza, ma dobbiamo lavorare tutti allo stesso modo”. Ed è proprio quanto la categoria chiede ad una sola voce: “Dispiace vedere le piazze piene – ribadisce Daniele Giunti – e i ristoranti vuoti, dobbiamo tornare tutti a lavorare e alle stesse condizioni”.
Infine un commento sulle ricadute sul versante economico di queste chiusure e sugli aiuti statali ritenuti insufficienti. “Abbiamo ricevuto alcuni finanziamenti – conclude Bini – ma ciò non basta, poichè questi sono soldi che dovranno essere restituiti; mancano dei compensi statali adeguati”. Così anche Caponi e Giunti. “I ristori previsti dallo Stato – concludono – sono giusto per poter pagare l’affitto, i rifornitori e le bollette. Così non possiamo continuare”.

Articoli correlati