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Asp Montevarchi: il sindaco Chiassai Martini ricostruisce le tappe della vicenda

“Ciò che sta avvenendo nelle Rsa dimostra che qualcosa non ha funzionato, non solo a livello locale, ma anche regionale e nazionale”. Il sindaco di Montevarchi Silvia Chiassai Martini ricostruisce le misure adottate per evitare il propagarsi del contagio nella Asp cittadina.
“L’amministrazione comunale, ancora prima delle disposizioni governative e regionali, in accordo con la direzione e la presidenza, dispose già dal 5 marzo la sospensione delle visite dei familiari in Rsa, dal 6 marzo quella della attività del centro diurno (la Regione ha chiuso dal 16 marzo), con il divieto di accesso a tutti, consapevoli dell’alto rischio per gli anziani e delle pericolose conseguenze del contagio. Una decisione che a quel tempo provocò diverse critiche con l’accusa di arrecare disagio alle famiglie”.
“Le direttive impartite dalla direzione alla Cooperativa, con l’indirizzo dell’amministrazione comunale, furono tempestive e puntuali – prosegue – anche sull’utilizzo corretto e indispensabile dei DPI; il controllo per due volte al giorno della temperatura corporea degli operatori, gli unici autorizzati ad entrare e uscire, e la richiesta di documenti firmati in cui la stessa Cooperativa, responsabile della gestione, accertava lo stato di salute dei suoi dipendenti. Da allora, naturalmente, né la direttrice, né la presidente della Rsa, proprio a tutela degli ospiti e nel rispetto delle misure adottate, sono più entrate nell’edificio, ricevendo per settimane le rassicurazioni che le direttive impartite erano state tutte applicate”.
Il 29 marzo la comunicazione della positività di un dipendente, assente per malattia già da 10 giorni. Una circostanza riprende il sindaco “di cui sia l’amministrazione sia la Asp erano ignare, non sapendo neanche che fosse stato sottoposto a tampone”. Da qui la decisione di presentare un esposto alla Procura della Repubblica che indaga “per accertare cosa sia successo, cosa non abbia funzionato e di chi siano le responsabilità per l’alto numero di contagi tra ospiti e operatori e purtroppo diversi decessi causati dall’infezione”.
Chiassai Martini ricorda che da metà marzo aveva chiesto alla Asl e alla Regione di sottoporre a tampone il personale sanitario, a cominciare dagli ospedali, case di riposo e distretti sanitari: “Nella nostra Rsa sono intervenuti dopo il primo caso positivo, quando ormai il Covid era già entrato, applicando l’ordinanza del presidente Rossi del 29 marzo scorso. Detto ciò mi chiedo perché invece in altre Rsa del territorio, siano stati fatti i tamponi e con riscontri veloci in assenza di casi positivi, al contrario di quanto avvenuto per la nostra realtà. Ricordo che l’ultima mia richiesta presentata alla Asl risale al 15 aprile in cui ho denunciato l’assenza di risposte tempestive sui test sierologici dell’8 aprile, mai arrivate, e sui tamponi del 9 aprile effettuati sugli operatori, che hanno continuato a svolgere le loro mansioni con un rischio altissimo di ulteriore diffusione del contagio, fino all’arrivo delle risposte dopo una settimana”.
Dopo aver accusato la Regione di agire con “due pesi e due misure” Chiassai Martini ricorda che la Asl ha preso in carico la gestione degli ospiti Covid nella Asp, come previsto dalla normativa regionale, mentre gli ospiti “Non Covid” sono stati trasferiti in un’altra sede perchè l’edificio non permette una separazione sicura tra contagiati e non. L’auspicio è che i positii possano guarire e i “Non Covid” rientrare al più presto nel loro ambiente.

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