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Franco Chioccioli: 30 anni fa il trionfo del ciclista valdarnese al Giro d’Italia

Per usare le parole di Leonardo De Nicola, grande appassionato ed esperto di ciclismo, la vittoria del Giro d’Italia di Franco Chioccioli, di cui proprio in questi giorni ricorre il trentesimo anniversario, fa di lui visto lo spessore della corsa rosa, “il più grande atleta della nostra vallata di ogni epoca e di ogni sport”. Franco Chioccioli nasce a Castelfranco il 25 agosto 1959 e diventa professionista nel 1982 tra le fila della Selle Italia. Accreditato dagli addetti ai lavori come uno dei talenti emergenti del ciclismo italiano, Franco ha da sempre catturato la fantasia e le simpatie degli appassionati anche per una incredibile somiglianza con Fausto Coppi, uno dei corridori più forti della storia, morto nel gennaio del 1962 ma mai uscito dal cuore degli italiani. Il “Coppino”, così era soprannominato, in carriera ha indossato la maglia rosa per ben 22 giorni, prendendo parte a 13 Giri d’Italia riuscendo a conquistare 7 tappe. Il trionfo del 1991, quando riuscì a mettersi alle spalle il favorito “el diablo” Claudio Chiappucci e Massimiliano Lelli, poteva essere doppio se nel 1988 non ci fosse stata la leggendaria e drammatica tappa del Gavia. Il ciclista valdarnese era il capitano della Del Tongo, leader della corsa e a tutti i costi voleva mantenere la maglia, ma il team non aveva fatto i conti con il meteo. Franco partì con l’equipaggiamento estivo, ma il meteo lo tradì e il Gavia si trasformò in un inferno di ghiaccio.
Chioccioli, come tanti colleghi, fu vittima del freddo e della neve, svenne all’arrivo, e una volta rimessosi a fatica in piedi comprese di aver perso il treno della vita. Riuscì a tagliare il traguardo con oltre 5 minuti di ritardo da Breukink (Visentini, arrivato dopo 30’54”, Saronni, a 31’30”) e fu costretto a cedere il simbolo del primato. Le sue parole, pronunciate dopo il traguardo, rendono al meglio le sensazioni provate in quella giornata infernale passata su e giù per le pendici del Gavia: “Mi hanno rubato il Giro. Ho chiesto cinque volte un cappello ma ho dovuto fare tutta la discesa con una mano sulla fronte, per proteggermi dalla neve. Mi si è ghiacciata la mano destra. La corsa andava fermata al Gavia. Tutto quello che è avvenuto dopo è stato frutto dell’incoscienza dei ciclisti, non definiamola una corsa!”. Il Coppino, comunque, ha chiuso una carriera straordinaria.

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